Medicina
Uno studio in doppio cieco, controllato con placebo, ha mostrato che Sorafenib ( Nexavar ), un inibitore multichinasico orale di VEGFR e PDGFR e di Raf, è in grado di prolungare la sopravvivenza nei pazienti con carcinoma epatocellulare in fase avanzata.
Allo studio, condotto da ricercatori dello studio SHARP ( Sorafenib HCC Assessment Randomized Protocol ) hanno preso parte 602 pazienti, con epatocarcinoma in fase avanzata, naive al trattamento sistemico.
I pazienti sono stati assegnati in modo casuale a Sorafenib ( 400 mg, due volte al giorno ) oppure a placebo.
Alla seconda analisi ad interim sono stati riscontrati 321 decessi, e lo studio è stato interrotto.
La sopravvivenza mediana globale è stata di 10.7 mesi nei pazienti che hanno ricevuto Sorafenib e di 7.9 mesi in quelli trattati con placebo ( hazard ratio nel gruppo Sorafenib, HR=0.69; p<0.001 ).
Non è stata riscontrata differenza significativa tra i due gruppi relativamente al tempo mediano alla progressione sintomatica ( 4.1 mesi versus 4.9, rispettivamente; p=0.77 ).
Il tempo mediano alla progressione radiologica è stato di 5.5 mesi nel gruppo Sorafenib e 2.8 mesi nel gruppo placebo ( p<0.001 ).
Una risposta parziale è stata osservata nell’1% dei pazienti assegnati a placebo e nel 2% dei pazienti trattati con Sorafenib; nessun paziente ha mostrato risposta completa.
Gli effetti indesiderati, quali diarrea, perdita di peso, reazioni cutanee mano-piede e ipofosfatemia, sono risultati più frequenti nei pazienti trattati con Sorafenib.
Dallo studio è emerso che nei pazienti con epatocarcinoma avanzato la sopravvivenza mediana e il tempo alla progressione radiologica sono risultate più lunghe di quasi 3 mesi dopo trattamento con Sorafenib, rispetto a quelli che avevano ricevuto placebo.
Fonte: The New England Journal of Medicine, 2008
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