Medicina
La terapia con corticosteroidi induce iperglicemia potenzialmente dannosa nello shock settico. Inoltre il beneficio dell’aggiunta di Fludrocortisone ( Florinef ) in questo contesto non è ben definito.
E’ stata valutata l’efficacia della terapia intensiva con Insulina nei pazienti con shock settico, trattato con Idrocortisone, e come obiettivo secondario, il beneficio apportato dall’aggiunta di Fludrocortisone ( Florinef ).
Lo studio è stato condotto su 509 adulti con shock settico che si sono presentati con disfunzione d’organo multipla con punteggio SOFA ( Sequential Organ Failure Assessment ) uguale o superiore a 8, già trattati con Idrocortisone.
I pazienti sono stati assegnati in maniera casuale a 1 di 4 gruppi previsti dallo studio: infusione endovenosa continua di Insulina con Idrocortisone da solo, infusione endovenosa continua di Insulina con Idrocortisone più Fludrocortisone, terapia convenzionale con Insulina con Idrocortisone da solo o terapia convenzionale con Insulina con iniezione endovenosa di Idrocortisone più Fludrocortisone.
L’Idrocortisone è stato somministrato come bolo di 50 mg ogni 6 ore e il Fludrocortisone per via orale in compresse da 50 microg una volta al giorno, ciascuno per 7 giorni.
In totale, il 45.9% dei 255 pazienti sottoposti a trattamento intensivo con Insulina e il 42.9% dei 254 trattati con terapia insulinica tradizionale sono deceduti ( rischio relativo, RR=1.07; P=0.50 ).
I pazienti in terapia insulinica intensiva sono andati incontro a un numero maggiore di gravi episodi ipoglicemici ( inferiore a 40 mg/dL ) rispetto a quelli nel gruppo trattamento convenzionale.
Al momento delle dimissioni dall’ospedale, il 42.9% dei 245 pazienti trattati con Fludrocortisone e il 45.8% dei 264 nel gruppo controllo sono deceduti ( RR=0.94; P=0.50 ).
Dallo studio sono emerse due indicazioni: ( i ) la terapia insulinica intensiva non ha migliorato il tasso di mortalità ospedaliera nei pazienti trattati con Idrocortisone per shock settico; ( ii ) l’aggiunta di Fludrocortisone per os non ha prodotto una riduzione del tasso di mortalità in ospedale.
Fonte: Journal of American Medical Association, 2010
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